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Il nuovo modello di programmazione partecipata: rimane la programmazione ma dove è finita la partecipazione?"

Intervento in Consiglio Comunale - 18 settembre 2008

Con questo intervento si intende chiedere chiarimenti su alcuni nodi fortemente critici del “NUOVO MODELLO DELLA PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA”, relativo allo strumento del Piano di Zona previsto dalla legge 328 del 2000, modello predisposto dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito Territoriale di Monza, di cui l’Assessore Carugo ha la presidenza.
Di questo nuovo assetto si coglie certamente l’aspetto della programmazione ma ci pare manchi in maniera significativa quello della PARTECIPAZIONE.
Il Terzo e il Quarto Settore sono relegati infatti a ruolo di spettatori di ciò che l’Assemblea dei Sindaci, attraverso i tecnici dell’Ufficio di Piano, deciderà essere le priorità e gli obiettivi del nuovo PIANO DI ZONA 2009/2011. Il processo di individuazione di tali priorità e obiettivi avverrà infatti attraverso il lavoro dell’Ufficio di Piano e dei suoi tecnici (compresa una nuova ulteriore figura di consulente esterno a cui è stato affidato un incarico di esperto in Management Pubblico al costo di 10.000 € - Determinazione n. 1806/2008 del 15/7/2008-). Tale figura dovrà appunto occuparsi, “coadiuvando e collaborando con i responsabili dell’Ufficio di Piano, della costruzione e stesura del Piano di Zona, dell’elaborazione metodologica dei processi valutativi..., dell’analisi della spesa sociale dell’Ambito finalizzata alla valutazione dell’impatto delle scelte strategiche operate nel quadro dell’evoluzione del sistema di welfare anche alla luce delle recenti normative regionali, dello studio delle metodologie volte all’individuazione di procedure di connessione tra i Comuni e i diversi attori pubblici e privati” (dal testo del Contratto per l’affidamento di incarico professionale ai sensi art. 2222 Codice Civile, del luglio 2008).
Una volte definite le linee da parte dell’Assemblea dei Sindaci, verranno convocati i Gruppi di Lavoro, coordinati da operatori del Comune, a cui verranno “assegnati obiettivi specifici, da perseguire in tempi predeterminati. Tali Gruppi sono formati da rappresentanti del pubblico e del terzo/quarto settore e dei sindacati.”
Gli Ambiti di Riferimento dovranno individuare i rappresentanti che parteciperanno ai gruppi di lavoro.” “Gli Ambiti sono coordinati da rappresentanti del Terzo, Quarto Settore e Sindacati. Si riuniscono (circa due volte l’anno) per momenti di valutazione e confronto e possono far proposte da inviare al Tavolo di Sistema attraverso i propri rappresentanti che lo compongono.” (Dal documento IL NUOVO MODELLO DELLA PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA, 9 luglio 2008)

Questo il nuovo modello: e la partecipazione?
Si dispone (“dovranno”) che il Terzo/Quarto Settore (leggi Associazionismo, Volontariato e Cooperazione Sociale), insieme ai Sindacati, indichino i propri rappresentanti da inviare ai Gruppi di Lavoro che dovranno eseguire le indicazioni predefinite dall’Assemblea dei Sindaci, con contenuti e tempi “predeterminati”. Ad essi spetta quindi il ruolo di meri esecutori di obiettivi definiti altrove e rispetto ai quali questi soggetti non avranno alcuna voce in capitolo. Agli stessi però è magnanimamente consentito di trovarsi (e il Comune stabilisce anche quando, indicando il termine di due volte l’anno) per momenti di valutazione e confronto, dando loro la possibilità di inviare proposte al Tavolo di Sistema.
La legge 328 lascia ad ogni singolo Ambito Territoriale di definire modelli e procedure di costruzione dei Piani di Zona ed effettivamente l’esperienza di questi anni ci dice che la partecipazione è stata interpretata in modo alquanto creativo e soggettivo da parte delle diverse realtà territoriali sia in Lombardia che nel resto del Paese. Ma l’Ambito Territoriale di Monza ha avuto negli anni scorsi la possibilità di vedere incarnato molto concretamente il principio della Partecipazione, facendo della Programmazione Sociale e della Costruzione del Piano di Zona un’occasione preziosissima di sviluppo della rete, di condivisione di obiettivi e priorità, di apprendimento di una lettura multidimensionale dei fenomeni connessi al disagio, di identificazione di interventi e risposte concertate per la presa in carico delle situazioni di difficoltà di chi vive nel nostro territorio.
Il ruolo svolto dai tre Comuni (Monza, Brugherio e Villasanta) è stato centrale nel favorire lo sviluppo di riconoscimenti reciproci, di rinforzo delle reti esistenti e di implementazione di nuove; il soggetto pubblico ha in questi anni nei fatti realizzato nei nostri territori il principio della sussidiarietà in base al quale “le istituzioni aiutano, sussidiano il civile nel soddisfare i bisogni dei cittadini. Spesso invece si vede esattamente il contrario: l’istituzione indica i bisogni attraverso delle gare, e il civile risponde partecipando a queste gare… Questa dinamica è sussidiarietà al contrario.”(Luigino Bruni). Cito un grande economista al di sopra di ogni sospetto per tralasciare i documenti della Dottrina Sociale della Chiesa, che so benissimo essere a conoscenza di molti assessori di questa Giunta, e che portano in direzione veramente opposta a quella che si incarna con il Nuovo Modello proposto.
Per tale motivo si ritiene che l’attuale scelta assuma il significato di un tornare indietro, di un riattivare prassi ormai qui superate e che rimettono fortemente in discussione il riconoscimento della pari dignità e titolarità dei soggetti pubblici e privati del territorio.
Ben strano modo quello dell’attuale Amministrazione di concepire e di attuare il principio di sussidiarietà, se il Comune giunge da una parte ad accentrare in modo assolutamente autoreferenziale la funzione di individuazione di bisogni, di lettura degli stessi e di elaborazione di interventi, e dall’altra a “concedere”, come fa un padrone, che i soggetti del territorio possano anche trovarsi, ragionare e fare proposte, dettandone al contempo i tempi e i modi. Il sottrarsi ad un
processo di confronto aperto e trasparente, il rinunciare alla funzione di regia fin qui attuata, il correre il rischio che in tal modo il Terzo e Quarto Settore si sentano collocati in un ruolo molto meno significativo ed incidente sui processi di condivisione di obiettivi e priorità, vuol dire, a nostro parere, riprendere in mano le redini ed avocare a sé in modo assolutamente autoreferenziale decisioni che certamente spettano all’Ente Pubblico ma che verranno impoverite dello sguardo e dell’esperienza preziosissima della conoscenza del territorio e del contatto quotidiano con i cittadini.
La questione dei costi è quella che sembra maggiormente stare a cuore alla nostra Amministrazione e certamente è una questione che ha una grossa rilevanza in sé e tanto più nell’attuale momento storico ed economico: è stato dichiarato che il modello precedente aveva presentato tra i nodi critici,( molti dei quali peraltro condivisi anche da Terzo e Quarto Settore, ) quello di un eccessivo onere economico per il Comune che doveva pagare i propri operatori per coordinare gli incontri e i lavori dei preesistenti Tavoli d’Ambito.
Quali sono state le effettive valutazioni sui costi? Quali gli indicatori utilizzati per definire inefficiente il modello precedente? Sono stati i costi precedenti con quelli dell’attuale assetto? Sono stati ricompresi nei costi dell’Ufficio di Piano quelli delle nuove consulenze attivate? Anche nel nuovo modello ci sarà infatti comunque un onere da affrontare per quanto riguarda l’attività dei Gruppi di Lavoro dove i coordinatori (operatori del Comune) dovranno saper dimostrare tutta la loro capacità di fare in modo che il risultato predeterminato nei contenuti e nei tempi venga perseguito; a questo costo va poi aggiunto quello dell’incarico affidato all’esperto in management pubblico che viene a pesare per 10.000 euro sui costi connessi al Piano di Zona.

Perché non pensare che, superata la fase dei primi anni di lavoro partecipato, in cui tanto si era puntato ed investito per la formazione degli operatori sia pubblici che privati (con oneri di tempi e costi richiesti anche ai soggetti del Terzo e Quarto Settore), si sarebbe potuto capitalizzare definendo procedure più snelle ed efficaci, senza per questo rinunciare all’effettiva e riconosciuta partecipazione di pubblico e privato alla costruzione di un protagonismo sociale condiviso e non solo calato dall’alto?
Perché non sono stati valutati inoltre i costi sociali di questa operazione? Tutto sommato, gli appartenenti ai soggetti del privato sociale del nostro territorio sono spesso cittadini del territorio stesso, a cui avete sottratto un’occasione di parola e di elaborazione di un pensiero comune: questo potrebbe comportare sfiducia e rientro negli orizzonti limitati del proprio orticello (vizio purtroppo diffuso a Monza e rinforzato da prassi come quella da voi individuata), oppure potrebbe condurre verso la ben più pericolosa deriva di un’Amministrazione che sceglie da sé i propri interlocutori, arbitrariamente lavorando con quelli più forti o più “interessanti” economicamente (come i nuovi appalti di servizi delicatissimi come quelli per gli adolescenti e i giovani sembrano già evidenziare…).
Noi confidiamo fortemente che il Terzo e Quarto Settore sapranno ritagliarsi ancora un ruolo da protagonisti, elaborando nuove forme di interlocuzione che metteranno a frutto i processi di comunicazione, di collaborazione e di scambio di letture e pensieri sviluppati negli ultimi anni, sfruttando quei pochi strumenti che sono stati loro generosamente concessi dal nuovo modello!
La realtà di Monza è stata infatti da sempre caratterizzata da grande e qualificata presenza di esperienze associative, di volontariato e di cooperazione. Grazie al supporto e alla regia dell’Amministrazione Comunale, a partire dal 2003 il Piano di Zona è stato certamente un’occasione che, insieme ad altre, ha coinvolto tutti gli attori presenti sul territorio nello svolgere un lavoro approfondito di rilevazione dell’esistente e di collaborazione in progetti comuni il più possibile condivisi e comunque individuati a partire dal contributo di tutti.
Una corretta lettura dei bisogni, infatti, non può che essere partecipata, altrimenti le visioni, da chiunque vengano elaborate, divengono parziali e condizionate da chi ha un ruolo più forte (soprattutto in termini decisionali) o da chi è più “vicino e influente” nei confronti di chi “governa”.
Traggo dal precedente Piano di Zona (2006/2008) il Pubblico concerta “con il privato ed esercita un ruolo regolatore a garanzia della qualità dei servizi, nell’interesse del singolo cittadino e dell’intera comunità. Il ruolo del Comune è e rimane quello di indirizzo e controllo e di definizione di regole atte a legittimare e garantire la collaborazione tra pubblico e privato.”
Con il radicale cambiamento del nuovo modello che questa Giunta propone, tutto ciò apparterrà al passato.
Non basta intitolare il documento del 9 luglio scorso NUOVO MODELLO DI PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA per cercare di nascondere quel passato.
Non c’è alcun automatismo tra il confronto e la dimensione partecipativa della programmazione se non vi è un reale e concreto coinvolgimento dei soggetti protagonisti presenti sul territori che, secondo questo modello “vecchio”, semmai saranno chiamati a ratificare scelte decise in modo burocratico e centralistico. Non regge nemmeno la scusa di aumentare l’efficacia e l’efficienza del sistema, perché sono ben altri gli sprechi della pubblica amministrazione che non quello di dedicare il proprio tempo ad ascoltare e decidere in maniera ragionata.


Ancora una volta, come ormai in questo anno di nuova Amministrazione abbiamo più volte notato, la logica che prevale è quella del fare tanto per fare, senza riconoscere che nel pensare e nel condividere pensiero sta spesso la chiave decisiva di un’azione condivisa, espressione di autentica sussidiarietà, generatrice di partecipazione e di sviluppo. Se questo è vero per ogni ambito della vita del territorio, lo è tanto più per gli interventi a favore delle persone e delle famiglie!

Comunque, per quanto ci riguarda non finisce qui. E’ intenzione del Partito Democratico sviluppare iniziative anche fuori da quest’aula, perché è bene che i monzesi siano informati e sappiano quello che sta accadendo sulla loro pelle.

Bertola Cherubina - Gruppo Consiliare PD

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